PSYCHÉ: QUAL È IL RAPPORTO TRA PSICOLOGIA E SPIRITUALITÀ OGGI?

Pier Luigi Lattuada, M.D., Psy.D., Ph.D. Medico e Psicoterapeuta Transpersonale – Marzo 2021

Psyché oggi

Per essere studiata, la psiche è stata ridotta a un oggetto, è stata fatta coincidere con la mente e riposta nel cervello. Così facendo è stato possibile conoscerne i suoi risvolti neurofisiologici, cognitivi e comportamentali, il suo versante potremmo dire oggettivo (Wilber 2011), trascurandone però il suo versante soggettivo.

 La psiche, infatti, che d’ora in poi chiameremo Psyché, non è solo l’oggetto ma anche il soggetto dell’esperienza, un fenomeno integrale, complesso, che coinvolge tutti i domini dell’essere.

Un primo problema che si delinea all’orizzonte volendoci occupare dell’unità oggetto/soggetto è che tutte le principali teorie della scienza cognitiva e dei filosofi della scienza concordano nel negare la possibilità di una scienza della soggettività spingendosi a negare l’esistenza stessa della coscienza, carattere distintivo della Psyché, come elemento dotato di esistenza propria, ma al massimo considerandola una qualità emergente della funzione cerebrale. (Searle J. R. 2002)

Di fronte alla scelta tra rinunciare alla lettura della Psychécome evento unitario dotato di esistenza propria o rinunciare a qualsiasi pretesa di scientificità, raccoglieremo la sfida di tracciare le linee di un pensiero scientifico transpersonale integrale che muova con dignità i suoi passi sorretto da due pilastri, la filosofia perenne da un lato e la scienza della complessità dall’altro.

Psychéuno sguardo alla storia

Psyché(in greco ψυχή, psiche) è citato per la prima volta in Omero come soffio vitale che lascia il corpo al momento della morte.

La filosofa successiva, seppur con differenze più o meno significative, ha identificato quindi la Psyché con anima.

Nella concezione platonica l’anima“cade” nel corpo dall’iperuranio o mondo delle idee e la conoscenza è dovuta al ricordo reminiscenza dell’anima di tutte le idee che ha contemplato in quella dimensione, metafisica,a-spaziale, atemporale, puramente spirituale (Platone, Fedro).

A questa anima individuale Platone affianca un’anima universale come già le tradizioni orientali prima di lui con i Veda, le tradizioni egizia, orfica e pitagorica. Tale anima universale è infusa nel mondo dal Demiurgo che la plasma a partire dai quattro elementi: terra, acqua, aria e fuoco.(Platone, Timeo, VI, 30b – 30c)

Aristotele vede invece l’animaimmanente nel corpo identificandola con l’entelechia, la “causa della vita”, la forma del corpo.

Egli così si esprime:

“C’è un genere di cose esistenti che chiamiamo sostanza. La sostanza è in un primo senso, la materia e cioè quel che non è, per se stesso, una cosa determinata, in un secondo è la figura e la forma, secondo la quale la materia è già detta questa cosa determinata; in un terzo poi è il composto di materia e forma. La materia è potenza, la forma entelechia.”

(De Anima 6,10 Aristotle 2008)

E ancora:

“È dunque necessario che l’anima sia sostanza, in quanto forma del corpo naturale che ha la vita in potenza. L’anima è entelechia di un corpo di siffatta natura.”

(De Anima 20,22 Aristotle 2008)

Con Plotino e i neoplatonici l’animaviene concepita con un aspetto sia trascendente che immanente, viene riconosciuta come forma del corpo ma anche come elemento autonomo e preesistente ad esso. (Plotino, Enneadi, IV, 7,8.) Secondo la concezione neoplatonica l’anima di un organismo è più di tutte le sue parti messe insieme, è un’unità indivisibile e, in quanto tale, preesistente: “Questo universo è un animale unico che contiene in sé tutti gli animali, avendo una sola Anima in tutte le sue parti”.(Plotino, Enneadi, IV, 4, 45)

È il concetto dell’anima mundi che veicola le idee platoniche nell’organismo e che viene poi ripresa da Campanella per il quale ogni essere vivente è animato e tendente contemporaneamente a un proprio fine e a una meta universale. (Campanella T. 2008).

Allo stesso modo Leibnitz con il suo concetto di monadeconcilia la visione aristotelica dell’entelechia con quella neoplatonica concependo che tutte le sostanze fossero costituite sia da particelle materiali che immateriali e che di conseguenza fossero centri di forza ad un tempo materiale e spiritualee che tutte le differenze tra sostanze ed entità sono semplici differenze di grado di spiritualità (coscienza). Leibnitz cerca così di conciliare la divisione cartesiana tra res cogitans e res estensa.

Il progresso della scienza in direzione riduzionista ha però portato a una graduale differenziazione della Psychéin concetti distinti in base all’ambito preso in considerazione. (Bianca Maria D’Ippolito, Aniello Montano, Francesco 2005).

Per la visione religiosa essa è riconducibile ad un’essenza spirituale, per la filosofia il concetto di Psyché viene a coincidere con quello di mente cosi come per la psicologia cognitiva la quale la estende al complesso delle funzioni cognitive non corporee, finendo per identificarsi con la personalità nella psicologia psicodinamica.

In Freud la Psychéumana è un’entità complessa costituita da diversi sottosistemi o “luoghi psichici” distinti in conscio, preconscio e inconscio. Tale concezione si arricchisce poi dei concetti di Io, Es e Super-Io per la quale, l’Io o parte conscia della personalità si sviluppa mediando tra le istanze istintive dell’es e quelle morali del Super-Io (Freud, S., (1978).

Per William James padre della psicologia americana l’attività psichica è riconducibile a un “flusso di coscienza”, espressione dell’interazione tra organismo e ambiente (James W. (1961).

Assagioli introdusse un concetto di Psychéche affiancasse all’inconscio freudiano anche un inconscio medio e soprattutto un super-conscio, luogo delle potenzialità più elevate di ordine spirituale, emanazione di un Sé Transpersonale trascendente la dimensione individuale (Assagioli R. (1973).

Visione ripresa da Jung che a sua volta la espanse fino a concepire un inconscio collettivo, luogo degli archetipi, principi ordinatori della Psyché(Jung C.G. 1976). Maslow dal canto suo procede nell’indagine del potenziale umano proponendo una gerarchia dellaPsychéscandita dal graduale soddisfacimento di una scala di bisogni che vanno da quelli più basilari di sopravvivenza a quelli più elevati di autorealizzazione (Maslow A. (1971).

Reich per primo ricondusse la Psychéal corpo teorizzando un’identità funzionale tra atteggiamenti mentali e atteggiamenti corporei, egli individuò una corrispondenza tra carattere e tensioni corporee descrivendo un’armatura muscolare che struttura nel corpo le diverse armature caratteriali (Reich W.,1973).

La visione di Reich apre la strada ad una visione organismica in grado di integrare i piani corporeo, energetico, emotivo e mentale.

Perls mise l’accento sugli aspetti di auto-consapevolezza della Psychécalata nel qui ed ora (Perls F.,1976).

Una visione Integrale

Per ritrovare una visione integrale della Psyché dobbiamocompiere un’escursione in ambito filosofico dove con Panikkar,(Panikkar R.,1992), che riprende in un certo senso Aristotele, possiamo tornare ad affermare che essa è in certo qual modo tutte le cose, in quanto anima, forma formante delle cose.

Psychéinfatti, in quanto anima delle cose, è logos, è autos, è pneuma, è biose soprattutto è zoè, l’essenza, il flusso eterno delle cose. 

Possiamo, così facendo, recuperare uno sguardo unitario che non concepisce soluzione di continuità tra bios, la forza vitale, epneuma,la funzione senziente, il soffio e autos, l’identità individuale, la personalità, quella continuità di percezione di sé che possiamo chiamare Io o Sé individuale elogos, la funzione pensante e zoè,l’essenza, la vita eterna, il tempo delle cose, il ritmo di ogni evento singolo qui e ora.

Uno sguardo unitario che coglie il dinamismo della Psychéindividuale e la sua interconnessione con tutte le altre cose del mondo, la sua immersione in un campo più vasto, senza soluzione di continuità con la Psychécollettiva (transpersonale), la totalità, con la quale intrattiene un dialogo incessante.

L’esperienza umana del mondo si definisce in questo caso come il dialogo di Psyché, caratterizzata nelle sue diverse declinazioni dal dialogo partecipativo tra l’Io e il Mondo, l’individuo e la totalità, il soggetto e l’oggetto, il microcosmo e il macrocosmo; si tratta in altri termini del viaggio evolutivo dell’essere umano, un gioco iper-complesso scandito dalla graduale scoperta delle regole e dal graduale incremento dell’abilità a rispettarle.Il mondo, la “realtà esterna”, è dotato di una complessità pressoché infinita che non sarà oggetto della nostra trattazione, limiteremo il nostro campo di indagine al gioco, visto dal versante, della Psyché individuale e di quella componente di mondo che sarà in grado di attingere.

Spiritualità oggi

Benché la dimensione spirituale abbia attraversato i millenni della storia dell’umanità fin dai primordi sotto le diverse e confuse spoglie di magia, religione, misticismo, gnosi, ermetismo, il termine spiritualità come lo conosciamo oggi è relativamente recente. 

Nonostante, ad esempio, si è soliti pensare all’oriente come patria della spiritualità Il termine stesso spiritualità non esiste né in sanscrito né in cinese.

Si tratta di un concetto delicato da definire che rappresenta anche una rottura storica con il passato, in quanto appartenente alla modernità.

Il termine spiritualità indica una dimensione che si differenzia sia dall’immanenza della materia che dalla trascendenza della religione, svela come fa notare Van der Veer (Van der Veer P. 2014) una moderna categoria emergente nella seconda metà del diciannovesimo secolo come parte di quella che lui chiama la Grande Trasformazione, cioè la globalizzazione.

La spiritualità moderna ha a che fare con i valori più elevati dell’essere umano, essa non contrasta la materia e non nega il corpo, ma trascende e include la materialità, immanente e secolare, prevede l’impegno e la partecipazione sociale così come l’utilizzo del corpo per la realizzazione spirituale.

Come conseguenza essa non si riconosce nella secolarizzazione della mente, nella riduzione della coscienza operata dalla scienza moderna, dalla quale per altro viene ostracizzata e nemmeno nelle religioni istituzionalizzate con le loro regole morali.

L’insieme di questi fattori fanno della moderna spiritualità un elemento di disturbo per il materialismo, per lo stile di vita capitalistico basato sui consumi e sul benessere economico, così come per i diversi individualismi e dogmatismi, nazionali, culturali o religiosi.

La spiritualità è transculturale e transpersonale, mondo-centrica, come direbbe Wilber, (Wilber 2011) figlia di un pensiero post-convenzionale, per questo fornisce anche un nuovo angolo di visuale, non sempre ben accetto, con il quale guardare creativamente alle religioni tradizionali.

Volendo tracciare brevemente la storia della sua nascita potremmo partire da Schopenhauer (1788 –1860) il quale, a differenza di Hegel che lo considerava arretrato, rimase fortemente impressionato dal misticismo delle Upanishad tanto da venirne profondamente influenzato nella sua stesura dei fondamenti dell’Idealismo tedesco. Allo stesso modo tutti gli altri maggiori pensatori tedeschi, idealisti e romantici dell’inizio dell’ottocento come August Wilhelm Schlegel (1767–1845) e Schelling (1775– 1854) furono profondamente influenzati dalla metafisica indiana e più in generale dalla saggezza delle tradizioni d’oriente. Questo avvenne anche grazie alla perdita di interesse nei confronti della cristianità in tutto l’occidente operato dall’affermarsi delle idee illuministe.

L’affermarsi della prospettiva spirituale Hindu e Buddista nell’ambito del romanticismo occidentale portò a quello che Raymond Schwab, chiamò il “rinascimento orientale” (Schwab 1984).

Si pensi all’affermazione che il pensiero orientale ebbe nel mondo dell’arte con Kandinsky, Mondrian e gli altri astrattisti, tra intellettuali come Emerson, Thoreau, and Whitman, o nel mondo della poesia con Tagore, nel mondo della filosofia spirituale con Vivekananda, Liang Qichao, Taixu, and Chen Yingning o nella sua applicazione in politica con Gandhi.

Un enorme contributo all’affermarsi di una spiritualità ispirata alle tradizioni Indiana e Cinese e svincolata dalle grandi tradizioni religiose venne fornito dalla Società Teosofica con personalità del calibro di Madame Blavatsky, Charles Leadbeater, Annie Besant, dalla Società Antroposofica di Rudolph Steiner e dagli insegnamenti di J. Khrisnamurti e Yogananda tra gli altri.

Ulteriore impulso all’affermarsi di una spiritualità laica è stato fornito dai movimenti hippies, dalla cultura psichedelica e dai vari gruppi d’incontro per lo sviluppo del potenziale umano degli anni sessanta.

Questi movimenti da un lato hanno influenzato la scienza psicologica favorendo la nascita e lo sviluppo della psicologia umanistica e transpersonale, dall’altro hanno portato alla diffusione di suoi sottoprodotti a livello di massa tipici della cultura new Age.Più recentemente si assiste anche ad una sempre più diffusa affermazione di cerimonie tradizionali provenienti dalla cultura indigena sudamericana e fondati sull’utilizzo di piante maestre.

L’approccio transpersonale

La visione transpersonale opera per colmare quell’apparente insanabile distanza che si è venuta a creare tra la visione occidentale scientifica e materialistica e quella delle antiche società preindustriali per le quale era evidente che a fianco di un mondo materiale esistesse una dimensione sacra e spirituale.

Le due visioni hanno dato risposte diametralmente opposte alle questioni fondamentali sulla natura umana e dell’universo e hanno quindi sviluppato sistemi di valori e stili di vita profondamente diversi.

Nelle società preindustriali la vita quotidiana era scandita oltre che dalle informazioni ricevute dai cinque sensi anche da segnali ricevuti dal mondo spirituale del sovra sensibile.

Le moderne neuroscienze arrivano invece a negare alla coscienza un’esistenza autonoma riconoscendola come un’emergenza fisiologica dell’attività cerebrale.

In questo contesto, la psicologia transpersonale, fondandosi sulle comprensioni raggiunte attraverso esperienze interiori delle dimensioni più elevate della coscienza ritiene che le due visioni, apparentemente inconciliabili siano invece complementari.

L’approccio transpersonale ritiene, che le esperienze interiori di ordine mistico ed estatico così come l’anelito alla trascendenza dell’io costituiscano un aspetto significativo dell’umana esperienza e che offrano garanzie di validità altrettanto valide di quelle basate sull’osservazione del mondo esteriore.

La psicologia transpersonale propone pertanto mappe epistemologiche e strumenti metodologici per affrontare l’esperienza interiore di ordine spirituale, le qualità più genuinamente umane, le risorse più elevate, gli stati di coscienza non ordinari, in un’ottica “scientifica”.

Ecco come si esprime a tale proposito Stan Grof, uno dei padri fondatori della psicologia transpersonale.

Alla luce delle osservazioni provenienti dagli studi degli stati olotropici (Orientati all’unità) l’attuale sprezzante licenziamento e patologizzazione della spiritualità caratteristica del monismo materialistico appare insostenibile. Negli stati olotropici, le dimensioni spirituali della realtà possono essere sperimentati direttamente in un modo che è altrettanto convincente di quello della nostra esperienza del mondo materiale. È anche possibile descrivere passo passo le procedure che facilitano l’accesso a quelle esperienze. L’attento studio delle esperienze transpersonali mostra che esse sono ontologicamente reali e ci informa su aspetto importanti dell’esistenza che sono normalmente nascosti”

(Grof. S., 2000 p.602)

La descrizione di Grof conferma le intuizioni di Jung che descrivono l’esperienza numinosa, basata sulla diretta comprensione dei fatti provenienti da un ordine superiore di realtà:

“l’approccio al numinoso è la reale terapia, perché raggiungendo questa esperienza ci liberiamo dai processi patologici

(Jung C.G. 1979 p.37)

Nella sua visione l’esperienza spirituale, aprendo al diretto contatto con il regno archetipico, si qualifica come la miglior via per uscire dalla nevrosi:

“La sofferenza è dovuta ad un ristagno spirituale, ad una sterilità psichica. Fede, speranza, amore e conoscenza sono ciò di cui ha bisogno il paziente per vivere. Nessuno guarisce veramente se non riesce a raggiungere un atteggiamento religioso.”

(Jung C.G. 1979 p.38)

Sulla stessa linea Assagioli ha coniato il termine super-conscio per indicare quelle stesse esperienze che ci spiega:

“consistono fondamentalmente nel diventare consapevoli di quello che succede nei più elevati livelli della coscienza. Per esempio, stati di estasi, di gioia, di amore per tutte le creature viventi, riportati da molto mistici così come le spinte al sacrificio di Sé o gli slanci creativi dell’artista”.

(Assagioli R., Vargui J.,1976)

Anche William James, padre fondatore della psicologia americana riconosce le esperienze mistiche come:

“uno slancio salutare e naturale, che sta alla base di ogni religione”.

(James W.1961)

È forse però il caso, a questo punto, onde evitare incomprensioni, ribadire la profonda differenza esistente tra spiritualità e religione.

La spiritualità è fondata sull’esperienza diretta del super-conscio per dirla con Assagioli o di stati olotropici per dirla con Grof, dimensioni non ordinarie di realtà, stati elevati della coscienza. Essa non richiede dogmi in cui credere o sacerdoti mediatori del contatto con il divino e nemmeno templi o chiese o rituali preordinati, richiede piuttosto la padronanza dell’esperienza interiore per accedere alla dimensione sacra dell’esistenza che si può raggiungere in ogni luogo e attraverso il contatto con la natura, con il proprio corpo, con l’altro, con le proprie divinità interiori, grazie ad un ambiente adatto, a un gruppo di pari, a un insegnante più avanzato.

L’esperienza spirituale diretta secondo Grof si manifesta in due forme:
La prima di queste, l’esperienza del divino immanente, implica una percezione sottilmente, ma profondamente trasformata, della realtà quotidiana. Una persona che ha questa forma di esperienza spirituale vede le persone, gli animali e gli oggetti inanimati nell’ambiente come manifestazioni radianti di un campo unificato di energia creativa cosmica e realizza che i confini tra loro sono illusori e irreali. Questa è un’esperienza diretta della natura come dio, il deus sive natura di Spinoza. Usando l’analogia con la televisione, questa esperienza potrebbe essere paragonata a una situazione in cui un’immagine in bianco e nero si trasformerebbe improvvisamente in una in vivido, “colore vivente”. In entrambi i casi, gran parte della vecchia percezione del mondo rimane in vigore ma è radicalmente ridefinita dall’aggiunta di una nuova dimensione.

La seconda forma di esperienza spirituale, quella del divino trascendente, implica la manifestazione di esseri archetipici e regni della realtà che sono ordinariamente trans-fenomenici, non disponibili alla percezione nello stato di coscienza quotidiano. In questo tipo di esperienza spirituale, elementi completamente nuovi sembrano “spiegarsi” o “esplicarsi”, per prendere in prestito termini da David Bohm, da un altro livello o ordine di realtà. Quando torniamo all’analogia con la televisione, sarebbe come scoprire che esistono canali diversi da quello che abbiamo visto in precedenza “(Grof S., 2000 p.606)

Bibliography

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